La nostra storia con l’epilessia. Adesso diamoci un taglio

Per chi soffre di epilessia ed è farmacoresistente la chirurgia può essere una soluzione. Ma se ne parla ancora troppo poco

di Maurizio Piacenza

(questo articolo è disponibile anche nella versione in inglese)

Abbiamo incontrato l’epilessia tre anni fa, in vacanza, mentre camminavamo in spiaggia. Arrivata dal nulla. Era il luglio del 2013, Leonardo aveva quasi 3 anni ed era un bimbo vivacissimo, in ottima salute. Da allora molte cose sono cambiate, per Leonardo ma anche per noi. Leonardo è ancora oggi un bimbo splendido e pieno di vita e questo lo dobbiamo sicuramente ad alcuni medici — persone straordinarie, innanzitutto — che seppero intervenire in una situazione che era nel frattempo diventata disperata. Ma andiamo con ordine.

Nel luglio del 2013 ci trovavamo in vacanza in Francia quando Leonardo, nell’arco di una giornata, si comportò per due volte in modo strano: immobile, per trenta secondi circa sembrava guardare nel vuoto. Perso nei suoi pensieri non rispondeva agli stimoli esterni. Raccontammo il primo episodio, accaduto di mattina, al punto di primo soccorso presente in spiaggia. Ci consigliarono di tornare a casa e fare riposare Leonardo: il caldo, una colazione scarsa, quanto accaduto sembrava verosimilmente riconducibile a motivi molto banali.

A metà pomeriggio eravamo di nuovo in spiaggia. Leonardo stava bene, aveva mangiato pranzo e si era riposato. Non c’era nessun motivo per ritenere che quanto occorso al mattino fosse qualcosa di diverso—appunto—da un singolo, isolato episodio.

Purtroppo ci sbagliavamo.

Dopo avere fatto un bagno, la scena si ripeté, identica a quella del mattino. Il punto di primo soccorso in spiaggia chiamò un’ambulanza perché ci portasse al più vicino ospedale per accertamenti. Da quell’ospedale uscimmo il giorno successivo, rinfrancati. Gli esami effettuati, incluso un elettroencefalogramma, non rilevavano nulla di strano. Ricordo ancora oggi non tanto le parole precise quanto il senso di quello che ci venne detto: potevamo tornare a goderci la nostra vacanza, non era il caso di allarmarsi, saremmo semplicemente tornati in ospedale quattro giorni dopo per un successivo consulto con una neurologa, assente quel giorno.

Nessun allarme, un semplice scrupolo.

In quell’ospedale, però, non ritornammo più. Dopo un giorno di tranquillità, Leonardo ebbe all’improvviso una crisi convulsiva, molto violenta. Era chiaro, a quel punto, che la cosa migliore fosse tornare a casa. Messi insieme i bagagli alla bell’e meglio, ci dirigemmo verso Milano. Il responso dell’ospedale, una volta effettuati gli esami e un elettroencefalogramma, fu inequivocabile: epilessia. Per essere precisi, epilessia focale. Le scariche elettriche, cioè, generano da una zona determinata del cervello. Ciò che per noi, al momento, significava poco—focale o non focale, assorbire “la botta” di una diagnosi di epilessia per il proprio figlio che fino a qualche giorno prima aveva sempre goduto di ottima salute non era certo una cosa facile—si rivelerà un aspetto fondamentale in seguito.

Venne subito iniziata una terapia farmacologica e cominciammo a riorganizzare le nostre giornate in funzione di questa nuova situazione. Col passare dei giorni e delle settimane, però, cominciò a diventare chiaro che qualcosa non stava andando per il verso giusto: trovare la cura adatta al singolo paziente non è cosa che si può fare in qualche giorno, a volte nemmeno in qualche settimana, questo ci era stato chiaramente detto. Ci eravamo dunque preparati ad un’attesa non certo breve, ma con la speranza che i farmaci potessero prima o poi riportare la situazione in un alveo di normalità. Di epilessie ce ne sono molte, intendo come tipologie. Qualcuna evolve positivamente durante l’adolescenza, altre si riescono comunque a tenere sotto controllo con i farmaci.

La speranza, dunque, c’era.

Le crisi di Leonardo non sembravano però accennare ad alcuna diminuzione. Anzi. Ad inizio ottobre venne decisa una nuova risonanza magnetica: non solo le crisi non diminuivano, ma Leonardo stava cominciando ad utilizzare meno il braccio sinistro. A quel punto era diventato del tutto chiaro che Leonardo fosse farmacoresistente. Durante il ricovero, la notte precedente il giorno del nuovo esame, le crisi cominciarono a farsi sempre più ravvicinate.

Al mattino la situazione era peggiorata sensibilmente: Leonardo, non più in grado di recuperare da numerose crisi consecutive, venne messo in coma farmacologico indotto.

I giorni passavano, ma la situazione non sembrava migliorare nonostante i tentativi di cambiamento nelle dosi e nella tipologia dei farmaci che Leonardo assumeva: era sempre in coma farmacologico, le crisi persistevano nonostante tutto. Le nostre speranze cominciavano ad affievolirsi, quand’ecco accendersi un piccolo lumicino: Leonardo, forse, poteva essere operato. Quel termine—focale—che per noi non aveva mai significato più di tanto, era invece diventato fondamentale. Le epilessie focali, cioè originanti da una parte determinata del cervello, possono essere valutate per una operazione in caso di farmacoresistenza. Chiaramente ne devono sussistere le condizioni.

L’attesa prima del cambio di ospedale fu estenuante. Andava organizzato il trasferimento, trovato un posto letto in neurorianimazione ed organizzata l’operazione. Le giornate sembravano non finire mai. Finalmente tutto sembrava pronto. Quando il trasferimento all’Ospedale Niguarda divenne possibile erano ormai passati ben più di 15 giorni da che Leonardo era stato ricoverato nell’Unità di Terapia Intensiva. Due giorni dopo il trasferimento Leonardo veniva operato dall’equipe del Centro di Chirurgia per l’Epilessia “Claudio Munari”. Quell’operazione chirurgica è esattamente il motivo per cui Leonardo è con noi oggi ed il motivo per cui non solo sto scrivendo questo righe, ma abbiamo anche deciso di organizzare la campagna che da il titolo a questo articolo: Epilessia? Diamoci un taglio!

La nostra storia ha un lieto fine, o almeno così possiamo definirlo almeno in parte. La lunga degenza pre-operatoria in rianimazione ha infatti comportato per Leonardo dei problemi motori agli arti inferiori per i quali ancora oggi segue un percorso di fisioterapia di supporto. Questo è un primo elemento che dimostra come una valutazione precoce ai fini dell’operazione sia fondamentale.

Nei mesi successivi al rientro a casa purtroppo cominciarono a manifestarsi di nuovo alcune crisi. Eravamo consapevoli che potesse trattarsi di un’attività residuale, determinata dagli avvenimenti precedenti e destinata man mano a scemare. Leonardo, d’altro canto, prendeva ancora dei farmaci perché il percorso per la loro eliminazione non è un percorso che duri in ogni caso qualche giorno o qualche settimana soltanto. Dopo tutto ciò che era capitato, fronteggiare quella situazione non era facile, ma lo facevamo con lo sguardo rivolto a un futuro che si prospettava più sereno.

Le crisi però non diminuirono né nelle settimane né nei mesi successivi. Leonardo è oggi un bambino allegro, vivace, che ha una vita che posso tranquillamente definire normale, al di fuori ovviamente degli episodi critici che lo colpiscono (e che, lo ammetto, non sono pochissimi). Per questo motivo si è deciso che Leonardo venisse sottoposto nel novembre del 2015 ad un’operazione di impianto di elettrodi intracerebrali. Un esame che, vista la situazione di emergenza, non poté essere eseguito nel novembre del 2013, ma che fa parte del normale iter di accertamenti svolti in fase pre-intervento. L’impianto degli elettrodi intracerebrali rappresenta infatti un’operazione che in un certo numero di casi viene eseguita perché, quando i meno invasivi esami esterni non abbiano consentito una precisa individuazione, consente di localizzare con massima precisione l’area di insorgenza delle crisi.

Per avvicinarci all’intervento, certamente non leggero per un bimbo di 5 anni che arrivava già da un periodo precedente molto travagliato, abbiamo ideato un piccolo fumetto: petitleò e il magico turbante. Se qualcuno tra quelli che leggeranno queste righe vorrà scaricare il pdf ed utilizzarlo, lo potrà fare liberamente. A noi è stato utile, se lo fosse anche per altri ne saremmo felici.

Purtroppo l’esito dell’impianto elettrodi e del monitoraggio conseguente non è stato per noi positivo: l’ulteriore zona interessata non consente una nuova operazione.

Questo però nulla toglie all’importanza dell’operazione che nel 2013 salvò la vita a Leonardo.

Se guardiamo poi ai dati della serie clinica del Centro Claudio Munari, emerge un ulteriore elemento. Il 52% delle diagnosi di epilessia viene effettuata su bambini in età prescolare, mentre il 77% dei pazienti viene operato in età adulta perché l’invio ai centri specializzati è troppo spesso tardivo. Questo significa sicuramente una cosa: moltissimi anni passati ad assumere farmaci che — causa la farmacoresistenza — non sono completamente efficaci sul paziente e pertanto non in grado di controllare appieno le crisi.

FONTE: dalla serie clinica del Centro di Chirurgia per l‘Epilessia “Claudio Munari”

La campagna ha utilizzato la piattaforma Generosity.com per quanto concerne la prima raccolta fondi, con una raccolta finale di $ 20.000. Una seconda raccolta è stata poi lanciata sulla piattaforma lastminute Heroes100%. Il titolo della campagna è Epilessia? Diamoci un taglio! e vuole contribuire per quanto possibile all’attività del centro Claudio Munari, ma vuole essere anche un’occasione di informazione. Sul sito Diamociuntaglio.info trova infatti spazio la storia nostra, di Leonardo ed quella del Centro di Chirurgia per l’Epilessia “Claudio Munari”.

L’obiettivo è ambizioso, lo riconosciamo.
Avendo vissuto e vivendo ancora oggi in prima persona i problemi quotidiani che una patologia come l’epilessia comporta, vogliamo però dare con questa iniziativa il nostro piccolo contributo.

Per i casi di farmacoresistenza la strada della chirurgia può rappresentare una soluzione concreta.

Una soluzione di cui oggi si parla ancora poco.

È l’ora di parlarne di più.

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Maurizio Piacenza / Brand & Communication Design
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Written by Maurizio Piacenza / Brand & Communication Design

Communication projects that stand for something / Organizer of Epilepsy? Cut it out! / Co-organizer of Kerning conference / Connecting the dots is my motto

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